Da
Domenico Pizzuti riceviamo alcune riflessioni in merito all'episodio della chiusura delle porte dei santuario di Pompei ai lavoratori della Fincantieri.
Buona lettura!
Il santuario di Pompei a porte chiuse
di Domenico Pizzuti
Una foto eloquente mostra i lavoratori della Fincantieri di Castellamare di Stabia che, dopo l’occupazione di tre ore della stazione FS di Pompei, si stringono per elevare le mani in preghiera dinanzi alle porte chiuse del Santuario di Pompei in cui avevano tentato invano di entrare. Si possono forse comprendere i timori dei responsabili del Santuario che inusitatamente hanno lasciato fuori le porte i lavoratori che intendevano rivolgere una supplica alla Vergine di Pompei per i timori di perdita del loro lavoro nell’attività cantieristica. La buona creanza avrebbe suggerito che almeno qualche responsabile del Santuario si fosse fatto presente per accogliere i convenuti, ascoltare le loro preoccupazioni per la crisi del lavoro, e che volevano rivolgersi per protezione alla Vergine venerata nel Santuario che accoglie tutti coloro che a Lei si rivolgono. Come in occasione delle donne “rosarianti” di Terzigno per esorcizzare l’apertura di una nuova discarica, si configura una “preghiera estrema contro il pericolo estremo” (Corriere del Mezzogiorno, 22 ottobre 2010, p. 12). Ci auguriamo, come è stato preannunziato, che almeno domani (oggi) questi gruppi di lavoratori siano ascoltati in occasione del Giubileo dei lavoratori al Centro Direzionale di Napoli con la partecipazione delle rappresentanze sindacali, imprenditoriali, sociali, e naturalmente del Card. Sepe promotore dell’iniziativa.
C’è una difformità nell’atteggiamento di accoglienza nei confronti dei fedeli, se si hanno presenti per esempio alcune manifestazioni dei fujenti dopo la lunga corsa quando il pellegrinaggio finalmente raggiunge la soglia del Santuario della Madonna dell’Arco per sciogliere il voto. Anche la “Madonnina” dall’alto del Duomo di Milano guarda le diverse manifestazioni che si svolgono sul sagrato e le preghiere che a Lei si rivolgono dentro e fuori la chiesa. Perché la Vergine di Pompei non dovrebbe accogliere le invocazioni dei suoi figli che trepidano per il lavoro?
Si deve evitare ogni confusione di sacro e profano, e i movimenti collettivi di protesta dei lavoratori primariamente devono interessare le sedi responsabili imprenditoriali, governative e amministrative. Tuttavia, al di là delle drammatizzazioni dei movimenti collettivi, non può sfuggire a nostro avviso che - sotto il profilo antropologico-culturale – nell’immaginario religioso di questi lavoratori industriali la Vergine di Pompei è una Madre accogliente e potente che ascolta le invocazioni di coloro che La invocano per il sacrosanto diritto ad esercitare il lavoro, secondo la vibrante preghiera della Supplica che si recita nel Santuario specialmente nel mese di maggio.
E allora chi ascolta chi? Quali modalità continuative di ascolto dei problemi del lavoro, che primariamente preoccupano le famiglie come avvertono tutti i responsabili pastorali, mettere in atto da parte delle chiese locali nei vari territori? Esperienze e modelli in questo ambito esistono nella chiesa italiana, se non si vogliono lasciare fuori le porte delle chiese le preoccupazioni lavorative che non riguardano solo le giovani generazioni per la crisi di numerosi comparti produttivi specialmente in Campania.
Napoli, 27 maggio 2011